- Categoria: Back In The Dayz
- Scritto da Klaus Bundy
MTV's Hottest MCs in the Game 2016: ma chi gliel'ha fatto fare?
La prima reazione è di sgomento, ma poi ci si rende conto da quale pulpito provenga la sentenza, e allora la sorpresa lascia il posto alla rassegnazione.
Dopo uno hiatus durato quattro anni (di cui davvero nessuno, onestamente, sentiva la mancanza), MTV ha deciso di tornare con la sua esclusiva classifica “MTV’s Hottest MCs in the Game”, confermando, in sostanza, la propria linea politica in fatto di musica: a chi importa della qualità, se questa può essere sostituita con il grottesco da circo, lo scandaloso e il gossip a buon mercato che fa tanto bene agli indici d’ascolto?
Leggere la lista dei rapper che – secondo i discutibili criteri del network – si sono più distinti durante l’anno 2016 è un pugno nello stomaco per chi ama davvero l’hip-hop, un’infamia ed una vergogna senza appello: se un paio di nomi, come quelli di Kanye West (1°) e Kendrick Lamar (8°), possono ancora incontrare una qualche approvazione presso gli addetti ai lavori, è indecoroso leggere che anche autentiche frodi come Young Thug (5°) e Lil Uzi Vert (9°) trovino spazio in graduatoria, personaggi che hanno invece contribuito a danneggiare l’immagine del movimento afroamericano presso le grandi masse, vendendo un concetto di musica rap del tutto snaturato della sua essenza e privo di un qualsiasi tipo di decenza, nonché di concreto talento.
Non ci stupiscono le menzioni di Drake (2°) e Future (6°), che sono i primi a garantire audience alla rete con le loro canzonette banali che tanto piacciono ai ragazzini in età puberale, ma un tale livello di sudditanza psicologica scuote anche il più incrollabile degli scettici.
Mentre la “black America” cantata da Common festeggia la fine di quest’anno con razionale vigore per il ritorno sulle scene di De La Soul e A Tribe Called Quest e l’uscita di alcuni dischi che faranno antologia come “Lead Poison” di Elzhi e “The Easy Truth” di Apollo Brown e Skyzoo, il canale televisivo di proprietà di Viacom preferisce farci credere che siano stati “Views” di Drake – che poco e niente ha a che fare con il rap per definizione – e la catatonica cantilena incomprensibile di Future su “Evol” a tener testa nel colorito universo hip-hop, tralasciando i reali equilibri di un ecosistema del tutto invisibile a chi si occupa soltanto di economia.
Stilare una classifica del genere significa tradire la fiducia degli utenti, ma ancor più quella di chi vorrebbe vedere la meritocrazia sul gradino più alto del podio, ed è una vera delusione sapere che il primo colpevole di questo obbrobrio sia nientemeno che Sway Calloway, fondatore dello storico programma radio “The Wake Up Show” e uno che l’hip-hop, in quasi trent’anni di carriera, l’ha respirato nella sua forma più pura, molti anni prima del suo attuale e deprimente decadimento intellettuale. Calloway, oggi quarantaseienne e produttore esecutivo per MTV News, cerca forse di legittimare l’operato dell’azienda per la quale lavora con il lustro del proprio nome, ma è di una tristezza infinita vedere un uomo della sua caratura deformarsi professionalmente pur di elogiare coloro senza i quali MTV non potrebbe permettersi di catalizzare l’attenzione del pubblico pop, unico ed inalterato target dall’anno di fondazione della piattaforma, nel lontano agosto del 1981.
Gli anni in cui il programma “Yo! MTV Raps” spiccava come punta di diamante di un network che voleva essere giovane e per i giovani sono davvero lontani. Anche per quanto riguarda quella felice parentesi, comunque, non dobbiamo farci ingannare dal frontespizio bonario, e ricordare che si trattava di un contesto del tutto differente, in cui la curiosità per il rap – nella sua forma più autentica e cruda - aveva appena cominciato a serpeggiare tra la middle class statunitense smaniosa di ribellione, e MTV non aveva fatto altro che cavalcarne l’onda, affrettandosi poi a cancellare lo show dal palinsesto – non a caso – nel 1995, quando il teen pop delle Spice Girls e la bubblegum dance degli Aqua cominciavano a scalpitare dietro le quinte per accaparrarsi i cuori e le orecchie degli adolescenti. Mercenarismo.
I veri discepoli di DJ Kool Herc, quindi, non si scompongano e, soprattutto, non diano peso allo spicciolo elenco messo insieme dalla disgustosa sfacciataggine di MTV: da tanti anni, ormai, dovremmo sapere che il vero hip-hop non ci arriverà più attraverso la radio e la televisione, ma dobbiamo essere noi a cercarlo dove i media non possono – e non vorranno mai – arrivare, poiché assorbiti dal controverso bisogno di creare fatturato a spese delle degne virtù artistiche, che costringe il pubblico ad apprezzare l’ultima lagna di un Kodak Black qualsiasi ma gli nega l’esistenza di chi questo movimento, nonostante tutto, lo tiene in vita per davvero.
Loro non si arrenderanno mai, figuriamoci noi.