- Categoria: Eyes On The Game
- Scritto da Matteo Da Fermo
Abbiamo visto Numero Zero - Alle origini del rap italiano: ecco cosa ne pensiamo
L’influenza dell’hip hop nella nostra società al giorno d’oggi è innegabile e sta crescendo sempre più. Questa cultura si è inserita nelle più disparate sfere: partendo dalla musica ovviamente, con la definitiva consacrazione del rap e con le crescenti influenze di esso negli altri generi musicali, fino ad arrivare alla moda o al cinema. Basti pensare ad esempio che l’eccentrico David Bowie, prima di lasciarci, asserì in un’intervista di essersi ispirato a Kendrick Lamar per realizzare il suo ultimo disco, oppure, cambiando branca, sono numerosi i rapper che hanno creato un marchio di abbigliamento, spesso anche di alto livello.
In Italia, pur trovandoci in un momento di ascesa, siamo ben lontani dalle dinamiche oltreoceano ed è proprio per questo che il documentario “Numero Zero – Alle origini del rap italiano” è ciò di cui avevamo bisogno. Infatti se vogliamo cercare di migliorare la situazione dell’hip hop nostrano, dobbiamo in primis cercare di agire su quella che è l’opinione pubblica a riguardo, la quale spesso non rispecchia la realtà e un documento di questo genere, se ben diffuso, può rivelarsi importante in tale ottica.
“Numero Zero” non si limita a ripercorrere la storia di questa cultura in Italia senza “scoprirsi”, ma in un certo qual modo cerca di evidenziare la situazione del periodo relativamente al mercato discografico ed al mondo dei media: entrambi hanno sfruttato il rap nella sua fase ascendente per poi abbandonarlo non appena “gli anni d’oro terminarono. Inoltre Enrico Bisi, il regista, cerca di fotografare quello che fu il sentimento che portò alla nascita di questa cultura e i sentimenti che permisero poi che la fiamma dell’hip hop divenne sempre più grande, fiamma che forse oggi si è un po’ affievolita.
Uno dei pochi motivi per storcere il naso dopo aver visto questo lavoro, è da un lato l’assenza di alcuni grandi artisti come ad esempio Lou X, Bassi Maestro, Dj Gruff e dall’altro l’assenza di coloro che al giorno d’oggi probabilmente fanno tutt’altro, ma vent’anni fa fecero la storia di questo genere. Questi, oltre a meritare una menzione, avrebbero avuto sicuramente numerosi aneddoti da raccontare.
In ogni caso è facile immaginare che siano situazioni non completamente causate da coloro che hanno lavorato a questo progetto, il quale tuttavia risulta essere piacevole e completo. Questo obiettivo è stato raggiunto soprattutto grazie al modo in cui si sviluppa il film, ossia ripercorrendo quegli anni tramite la cronistoria delle uscite discografiche, raccontate proprio da loro: si va dai lavori dell’'Isola Posse All Stars', passando poi per l’album di Deemo, i dischi di Neffa, fino al boom degli Articolo 31.
Il lungometraggio di Enrico Bisi è un lavoro importante e come definito da lui stesso è un documento storico. Difatti, in anni in cui il web e gli smartphone erano utopia, solamente le testimonianze dirette di chi quegli anni li ha vissuti, assieme a diversi video dell’epoca (la maggior parte dei quali inediti, frutto di un importante lavoro di ricerca) possono cercare di colmare una volta per tutte ed in maniera più o meno oggettiva il gap, esistente da sempre, di informazioni a riguardo.
Concludendo, “Numero Zero” ci occorreva per conoscere le radici della doppia H italiana in primis, per evitare di ripercorrere gli errori del passato e poi per ricordarci che oltre al potenziale economico la cultura hip hop ha in sé un enorme potenziale sociale, il quale negli anni novanta, al contrario di oggi, era ben visibile agli occhi di tutti.
Lasciandovi con il trailer, vi ricordiamo inoltre che “Numero Zero” uscirà prossimamente in Dvd, edito da Feltrinelli ma che tuttavia non sono terminate le proiezioni: il 23 febbraio a Perugia, il 9 Marzo a Lugano ed il 12 marzo a Conversano.