- Categoria: Eyes On The Game
- Scritto da Klaus Bundy
Morta Afeni Shakur, la madre di Tupac: leggenda nella semplicità
Si è spenta nel silenzio, sola, probabilmente consapevole di aver dato tutto ciò che aveva da dare: Afeni Shakur, madre di Tupac, è venuta a mancare oggi, all’età di 69 anni, per un non specificato arresto cardiaco.
Quando si deve parlare di personaggi di questo spessore, è davvero difficile trovare parole che riassumano fedelmente quanto di buono essi abbiano fatto nel corso delle loro vite straordinarie; nel caso di Afeni, poi, non si può nemmeno offrire una chiave di lettura a binario unico, poiché il contributo portato da questa incredibile donna abbraccia non solo il campo dell’attivismo politico – per cui balzò agli onori della cronaca già sul finire degli anni ’60, a causa della sua celebre militanza nel Black Panther Party – ma anche quello imprenditoriale, grazie alla serrata (e poi vinta) battaglia per sottrarre alla speculazione dell’industria musicale i nastri inediti del figlio, dopo la sua tragica morte, avvenuta nel settembre del 1996.
La verità è che Afeni è stata in grado d’incarnare perfettamente lo spirito ribelle della donna afroamericana illuminata dai più radicali principi della giustizia morale, immersa in un periodo storico di enormi tumulti e sconvolgimenti sociali, che per diverso tempo hanno fatto degli Stati Uniti un autentico campo di battaglia, sul quale la fazione nera è stata pronta a mettere a repentaglio anche la vita dei suoi rappresentati pur di veder riconosciuti i propri diritti civili.
Al pari di leggendari personaggi, quali Malcolm X e Huey P. Newton, Afeni Shakur può ben considerarsi un’eroina moderna, lontana dall’aura mistica che contorna spesso e volentieri i grandi attori della storia, bensì umile e così speciale nella sua umana normalità, capace di raggiungere obiettivi immensi con la sola forza della caparbietà.
Nessuno dimenticherà il “processo farsa” contro la sezione newyorkese delle Pantere Nere, che ebbe luogo tra il 1969 ed il 1971, che vide coinvolti ventuno membri del movimento e, per questo motivo, denominato “Panther 21”.
In quell’occasione, Afeni riuscì coraggiosamente a scrollarsi di dosso, senza l’aiuto di alcun avvocato, tutti i 156 capi d’accusa per i quali si trovava sul banco degli imputati, riuscendo a provare davanti alla corte che i piani di terrorismo interno di cui era accusata (bombe che sarebbero dovute esplodere davanti ad uffici istituzionali della città, a Manhattan, nel Bronx e nel Queens) non erano nient’altro che parte del programma di controspionaggio COINTELPRO perpetrato dalla spietata FBI del direttore J. Edgar Hoover, incaricata dal Governo del repubblicano Richard Nixon di annientare con tutti i mezzi (anche non legittimi) il movimento delle Pantere Nere, considerate “un’autentica minaccia alla stabilità nazionale”.
Afeni fu scagionata nel maggio del 1971 e, il mese successivo, diede alla luce Tupac, avuto da una relazione fortuita con Billy Garland, anch’egli un soldato di prim’ordine delle Pantere.
Proprio grazie al background politico della madre, Tupac ebbe modo di modellare la propria personalità, trasformandosi già da giovanissimo in un ideale portavoce della rabbia degli afroamericani, le cui iniziative per l’emancipazione erano (e sono tuttora, ad ogni modo) regolarmente represse da un complesso sistema razzista, ben radicato nelle coscienze di larga parte della popolazione bianca americana e ai piani alti delle istituzioni, dalle aule di tribunale al Congresso stesso.
Se il mondo ha potuto apprezzare capolavori di propaganda sociale del rapper, come “Holler If Ya Hear Me” o la struggente “Brenda’s Got a Baby”, lo si deve proprio agli insegnamenti impartitigli da Afeni, che lo avevano reso una spugna di nozioni storiche e gli avevano inculcato con veemenza il valore della lotta etnica e dell’orgoglio nero, tanto che oggi non è raro sentir parlare di Tupac in termini di puro attivista.
La seconda grande battaglia di Afeni ebbe luogo nel ’96, dopo la tragica morte di Tupac, per la quale uscì nuovamente vincitrice da un’aula di tribunale; in questo caso, fu grande l’impegno profuso dalla donna al fine di sottrarre dalla Death Row Records di Suge Knight le centinaia di canzoni inedite del figlio, per scongiurare il pericolo di una speculazione postuma che avrebbe sfruttato il nome di Tupac per riempire le tasche dell’oscura label losangelina.
Il processo si concluse nella primavera del 1998, e Afeni si affrettò a fondare una propria casa discografica, l’Amaru Entertainement, che facesse da veicolo per la pubblicazione delle opere a cui Tupac lavorò nell’ultimissimo periodo della sua vita, nonché della ristampa dei primi album del figlio (“2Pacalypse Now”, “Strictly 4 My N.I.G.G.A.Z”, “Thug Life Vol. 1” e l’acclamato “Me Against the World”), usciti su etichetta Interscope ma dei quali la Shakur ottenne pieno accesso alle royalties.
Inoltre, appurate in sede processuale alcune gravi sottrazioni di denaro che sarebbe spettato al figlio, la donna riscosse una cospicua cifra di risarcimento dalla Death Row, la quale, senza più i suoi artisti di punta (Dr. Dre, Snoop Dogg e, appunto, Tupac) e fortemente indebitata, sarebbe fallita definitivamente nell’aprile del 2006.
Oltre all’attività discografica, nel 2003, Afeni lanciò sul mercato anche una linea di abbigliamento, la Makaveli Branded*, ancora oggi attiva e godente di un dignitoso successo.
La figura di Afeni Shakur, comunque, sarà sempre legata nell’immaginario collettivo alla bellissima canzone che Tupac le dedicò nel ’95, “Dear Mama”, prodotta in un periodo in cui il ragazzo, particolarmente affranto, sentiva di poter contare soltanto su se stesso e sull’affetto di sua madre.
Da allora, “Dear Mama” è diventata l’ideale serenata hip-hop per tutte le madri del mondo, ed in particolar modo a quelle forti, magari abbandonate dai mariti, che sono state però tanto tenaci da crescere i propri figli nel migliore dei modi, proprio come fu in grado di fare Afeni con il suo Tupac.
In conclusione, ciò che è bene sottolineare è che oggi non stiamo celebrando la vita di una donna “aliena”: Afeni Shakur ha avuto i suoi problemi (tra cui una grave dipendenza dal crack, negli anni ‘80), ha incassato le sue sconfitte e ha perso molto durante il suo cammino, ma ha sempre tenuto alta la testa, e ciò che tutti ricorderemo sempre di lei sarà la capacità di sembrare straordinaria nella sua caritatevole semplicità, elevandosi a modello da prendere come esempio per tutti coloro che sentono il necessità di lottare per il proprio riscatto sociale e per il bene collettivo.
Ci mancherà, ma la sua preziosa eredità vivrà indubbiamente in eterno.
Rest In Peace, Afeni.
*Tutti i proventi derivati dalla vendita dei dischi e dei prodotti targati Makaveli Branded sono stati e sono ancora devoluti, nella loro quasi totalità, ad enti di beneficenza (veicolati dalla Tupac Amaru Shakur Foundation) e a centri ricreativi per i giovani, dedicati alla memoria di Tupac, come il Tupac Amaru Shakur Center for the Arts, con sede ad Atlanta (Georgia).