- Categoria: Back In The Dayz
- Scritto da Klaus Bundy
Keep It Real!
L’onestà intellettuale, è risaputo, regola ogni tipo di dinamica che orbita intorno ai rapporti interpersonali. Senza di essa, la credibilità dell’individuo è nulla, e nessun tipo di fiducia può crescere e prosperare.
Nell’hip-hop, come nella vita, l’onestà è un fattore fondamentale, e nessuno può sentirsi escluso; coloro che seguono religiosamente il movimento, così come gli artisti stessi, sono chiamati a fare un voto di completa devozione alla cultura, prestando anima e corpo ad una causa che, in tutta la sua profonda serietà, ha già cambiato e può continuare a cambiare il modo di pensare dei popoli.
Si è già ampiamente discusso sul fatto che chiunque la consideri una mera questione di gusto musicale commette un madornale errore, e non staremo qui a ripeterlo ad oltranza. La riflessione che si vuole stimolare oggi è, invece, relativa al passo successivo che ognuno dovrebbe compiere, cioè difendere l’autenticità della dottrina e condannare con tutte le forze qualsiasi forma di decadenza. Si tratta di un argomento molto più serio di quanto si pensi, ed è esattamente ciò che sta alla base della perdita di valori della quale oggi ci lamentiamo.
Premessa: non è scritto da nessuna parte che l’hip-hop debba essere una faccenda esclusiva dei neri provenienti dal ghetto. Pur accettando e rispettando le componenti storiche e sociali che hanno dato vita al movimento (e che tutti dovrebbero studiare religiosamente), il carattere politico ed universale del pensiero hip-hop ha ormai virtualmente raggiunto ogni angolo del globo, nel nome della giustizia, dell’uguaglianza e del senso di appartenenza. Gli stessi artisti che sono emersi durante l’epoca della vecchia scuola (come i Beastie Boys e i 3rd Bass) hanno mostrato la flessibilità del concetto d’identità razziale e territoriale, ottenendo rispetto e venerazione da tutte le generazioni che si sono susseguite, fino ai giorni nostri.
Detto ciò, il discorso di base si fonda su un semplice principio: se sei spinto da sincera passione e hai qualcosa da dire, puoi avere voce in capitolo, e poco importa quale sia il colore della tua pelle o la tua estrazione sociale.
Questa apparente libertà, tuttavia, incontra alcune fondamentali postille, che non possono in alcun modo essere violate e che costituiscono la vera differenza tra chi può definirsi “cultore” e chi, invece, sprofonda nel frivolo girone dei cosiddetti “mercenari”.
In primo luogo, mai fingere di essere qualcosa che non si è: non c’è bisogno di mostrare un’attitudine rozza e dura per comunicare al prossimo la propria inclinazione a questa cultura. La vera sostanza sta nei contenuti, non nei semplici atteggiamenti e nemmeno nelle espressioni gergali, spesso e volentieri scimmiottate grottescamente per riportare alla mente gli usi e i costumi a stelle e strisce. Chi segue l’hip-hop dev’essere necessariamente affascinato dalla cultura pop americana, ma ciò non significa scarabocchiarne una distratta copia per “uso personale”.
In secondo luogo, assumere uno stile di vita consono con la strada che si è scelto di perseguire: da questo punto di vista, non è esagerato inquadrare l’hip-hop come una sorta di religione, componendosi di dogmi e tesi che ne fanno qualcosa di molto più astratto e spirituale rispetto alla sua seppur esistente configurazione politica. Per questo motivo, è obbligatorio che ogni adepto, presa la sua decisione, si comporti di conseguenza, facendo della giustizia sociale una propria bandiera ed aprendosi al confronto, perché la ghettizzazione del pensiero renderebbe impossibile l’evoluzione e la sopravvivenza stessa della cultura.
In terzo ed ultimo luogo, promuovere ed amare la conoscenza: le risposte a tutte le domande sono contenute nei libri di storia, ed è soltanto lì che ogni vero appassionato può soddisfare il suo bisogno d’imparare. L’hip-hop, come tutti i movimenti, è lo straordinario risultato dell’incontro tra uomini e culture differenti, incredibili avvenimenti e traumatici cambiamenti, e per garantire a sé stessi la giusta direzione nella quale camminare è importantissimo rievocare senza sosta le radici, perché è solo attraverso di esse che le corrette riflessioni presenti e future possono aver luogo.
Rispettati questi punti, nessun limite si pone tra noi ed il resto del mondo. Ognuno sarà in grado di “portare il verbo” nelle giuste forme e potrà andarne ben fiero, con la benedizione dei padri fondatori. C’è molto più di uno stereo ed un vinile, non dimentichiamolo mai.