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  • Categoria: Back In The Dayz
  • Scritto da Klaus Bundy

Cosa significa ''1992'' per il panorama hip-hop attuale?

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Se il discorso intorno alla rivalutazione dei princìpi fondamentali dell’hip-hop deve passare attraverso una decisa espressione artistica, The Game non ha (quasi) mai mancato di onorare la causa.

Questo scritto, sostanzialmente, non vuole essere una recensione dettagliata dell’ultimo album del rapper di Compton, “1992”, bensì una riflessione su quanto un disco del genere possa paradossalmente sembrare una ventata d’aria fresca per l’intero panorama rap, nonostante la sua innegabile e fondamentale impronta “vintage”.

1992”, dalla prima all’ultima traccia, è esattamente il prodotto di cui la scena statunitense aveva bisogno: mentre gli scadenti personaggi attualmente pompati dall’infernale macchina mediatica made in USA sono occupati a sputar fuori canzonette svogliate e a coprirsi di ridicolo, The Game ci fa salire a bordo di un’efficace macchina del tempo, permettendoci così di vivere l’atmosfera che si respirava sulle strade californiane oltre vent’anni fa, quell’atmosfera che ha creato i presupposti perché il rap della cosiddetta “golden age” si gettasse tra le braccia del G-Funk e dei temi complessi che caratterizzarono i tumultuosi anni ’90.

Perché questo viaggio a ritroso è così essenziale? La risposta non è di difficile intuizione: sia a livello artistico che sociale, oggi l’hip-hop sembra avere un disperato bisogno di ridisegnare i confini della propria influenza, ristabilire quei contatti con il cuore pulsante della società che non ha mai smesso di cercare nel movimento un corrimano a cui aggrapparsi, una mano amica, un modello ideologico che assolva il compito di salvare – in senso letterale – gli emarginati dallo spettro dell’abisso.

The Game non ha mandato il suo album alle stampe per la pigra borghesia, quella fintamente impegnata che vede nella musica rap un passatempo alternativo allo svago mondano, né per chi sente il bisogno di sfogare la ribellione adolescenziale attraverso lo sfoggio di un gusto artistico d’avanguardia; al contrario, “1992è un vero documentario (termine, tra l’altro, particolarmente caro all’ex G-Unit) che fonde storia ed attualità, pregno di una nostalgia per la purezza dei tempi andati che va a braccetto con una rabbia – anche a causa dell’immobilità politica - mai estinta.

E così, tra le rime di un rapper che dà l’impressione di trovarsi nel suo habitat ideale, il messaggio che questa nuova perla discografica ci vuole inviare non è poi così implicito: dal 1992 ad oggi, tutto è cambiato e tutto è rimasto uguale, ma guai a vedere nel long playing la coronazione di un processo evolutivo, il punto d’arrivo di un’aspra battaglia; The Game vuole, invece, invitarci a riscoprire il vero spirito hip-hop, quello che vedeva i rapper plasmare un suono dettato dall’impegno sociale, piuttosto che dalle spregiudicate strategie di marketing.

E’ tempo che tutti facciamo i conti con la realtà, e forse avevamo davvero bisogno che qualcuno – un rispettabile veterano, uno studente del gioco ancor prima che giocatore – ci spiattellasse in faccia una dimensione che troppi tra noi, anche inconsapevolmente, hanno trascurato, tradendola in favore – nel migliore dei casi - del nulla più disonorevole.

Non si tratta propriamente di “conscious rap”, e sarebbe errato donare all’opera a tale etichetta; per la gioia di chi non ha mai davvero creduto nella netta divisione tra “rap impegnato” e “rap d’intrattenimento”, “1992” è esattamente la tesi che conferma la teoria: il cuore pulsante del disco risiede nel suo imprescindibile attaccamento a quei valori che hanno reso l’hip-hop una corrente culturale rispettata e temuta a livello prima nazionale e poi mondiale, capace sia d’intrattenere sia di far riflettere, prima che l’elemento pop ne mistificasse il costume e i fini, gettandoci nella colpevole pochezza di questi tempi.

Tuttavia, non tutto è perduto, e The Game merita una standing ovation per l’acutezza morale che sta dietro la sua nuova fatica. Chiunque ami l’hip-hop nella sua forma più nitida e completa, non potrà fare a meno di amare questo straordinario itinerario didattico.

 

Klaus Bundy
Author: Klaus Bundy
"I came to overcome before I'm gone, by showing and proving and letting knowledge be born" (Eric B. & Rakim).