- Categoria: Interviste
- Scritto da Marco Bianchessi
Tra Zenith e Nadir, il ritorno col botto di Maruego
Io e il mio collega Mattia, siamo stati in Carosello Records lʼaltro giorno per ascoltare lʼanteprima del nuovo e freschissimo disco di Maruego. Frutto di un intenso lavoro durato tre anni, nei quali lʼartista marocchino ha sviluppato ecreato un sound unico e personale, che parte da contesti sonori già collaudati (vedi trap e auto tune) ai quali aggiunge un pezzo di sè facendoli propri e non semplicemente riproponendoli. La veste che cuce attorno al proprio disco parte da tre momenti chiave: il primo di questi è una dote naturale, Maruego possiede infatti una voce molto piena che riempie di per sé il beat. Non ha bisogno di basi particolarmente elaborate o costruite per dare il giusto respiro al brano, e questo si vede sia che lavori su una produzione trap sia su qualcosa di più convenzionale ma anche su sonorità più “caraibiche” (vedi il featuring con Zifou). Lavorando su questa sua peculiarità, crea dei tappeti sonori unici per la scena musicale Italiana, e in questo senso il lavoro dei produttori diventa fondamentale. Il secondo elemento chiave sta nel fatto, che tutti coloro che hanno lavorato alla creazione dellʼalbum, hanno cercato di esaltarne questa caratteristica, dai 2nd Roof (che lo seguono oramai da anni) passando per Mike Lennon, Sick Luke, Laioung, Andry the hitmaker e altri ancora. Il risultato è quindi un flusso di pensieri e sonorità che attraversa tutte e 17 le tracce di cui si compone il disco, unʼalternanza di momenti e immagini che permettono allʼascoltatore di immergersi nel mondo disegnato dallʼartista Marocchino, senza stufare o far venir voglia di skippare da una traccia allʼaltra.
E se proprio la lunghezza della tracklist, ci aveva lasciati perplessi al momento della sua pubblicazione, durante lʼascolto ci siamo resi conto che lʼaccuratezza del prodotto e il lavoro di fino che è stato fatto, lo rendono piacevolissimo. Il lavoro di fino è lʼultima chiave di volta per cercare di capire questo prodotto, in riferimento soprattutto ad una ricercatezza nella scrittura che non vuole mai essere un mero accessorio rispetto a beat che di per sé già funzionano. Veicolare un messaggio, raccontare una storia, che sia la sua ma anche quella di un contesto sociale (soprattutto in riferimento alla questione dellʼimmigrazione), è per Maruego essenziale ( vedi “Mamma e Papà”), senza per questo voler diventare un artista riconoscibile solo per aver affrontato queste tematiche. I momenti rilassanti e da club non mancano, “Money lover” o “Supernova” ne sono due esempi, eclatanti ma non prendono mai il sopravvento, il lavoro sulla tracklist è evidente e il bilanciamento tra momenti calmi e momenti più grezzi, lo rendono un ottimo disco. Per approfondire ulteriormente queste ma anche altre questioni, il mio collega Mattia ha fatto due chiacchiere con Maruego, facendosi raccontare da lui cosa ci dobbiamo aspettare e cosa si aspetta lui da “Zenith e Nadir”.
1. Come nasce il disco? Nel senso, con che approccio ti sei messo a scrivere e come lo rivedi dopo tutti questi mesi di lavoro?
Il disco è nato durante il mio periodo di assenza, dovevo uscire con qualcosa di nuovo, con qualcosa di valido per affermarmi di nuovo, ormai questa cosa dellʼauto tune ha preso un poʼ piede e bisogna cercare di essere sempre diversi e di differenziarsi. Ho ascoltato i pezzi che uscivano ultimamente e il mio obbiettivo era non fare quella roba, cercando sempre però di mantenere la freschezza, lʼattualità ma anche la qualità di ogni canzone.
2. Come pensi che verrà accolto? Sia da dai tuoi fan ma anche dal pubblico più in generale.
Secondo me questo disco ai ragazzini dai 10 fino ai 16 arriverà dopo, ci metteranno un poʼ a capirlo, mentre i ragazzi della mia generazione lo apprezzeranno e lo capiranno perchè è scritto in modo spontaneo e semplice.
3. Sei stato uno dei primi a portare in Italia certe sonorità che ora sono moltodi moda, pensi di voler proseguire su questa strada o hai intenzione di discataccartene?
Nellʼalbum ci sono un paio di pezzi trap, “Money Lover” ad esempio, per far vedere alla gente che so fare anche quello. Non voglio essere percepito come qualcuno che fa cose mielose o che fa il poeta e poi non sa fare altro, quando faccio quei brani li faccio per “mostrare i muscoli”.
4. Il fatto di essere stato un pioniere per queste sonorità, ai tempi è stato un impedimento per fare successo? In un periodo nel quale la trap non era sdoganata anche nei club e le discoteche.
Guarda io sono uscito in un periodo in cui il rap Italiano era molto monotono,erano sempre le stesse basi, di roba figa non cʼera molto, molti artisti, anche Guè usava lʼauto tune ma veniva sempre visto male. Io lʼho reso una mia caratteristica, forse anche per quello la gente mi ha accettato, avevo fatto il mixtape di “Che ne sai”, erano tutti pezzi in auto tune e alla gente piaceva. Pensa che mi fermano i ragazzi che mi dicono “non fai più pezzi come che ne sai !” però ti dico adesso a me dellʼauto tune non importa più, mi interessa più il messaggio e il come questo viene percepito dallʼascoltatore, più che il motivetto.
5. Adesso si parla di seconda generazione, ne parla Laioung nelle interviste per esempio, ti senti parte di questa nuova onda? Oppure è qualcosa che non ti appartiene?
Ti dirò, in Italia, fino a poco tempo fa era veramente difficile per uno straniero uscire, per gli ignoranti ero un venditore di banane che si metteva a fare rap. La tematica seconda generazione, razzismo, le aveva toccate Amir per primo però non aveva avuto la giusta visibilità. Io avendo fatto “Sulla stessa barca”, usando parole in arabo nei testi, ho visto che la gente apprezzava, se dicevo Kho, la gente lo ripeteva. Questo fatto è stato poi un trampolino di lancio per ogni artista, lʼItaliano se esplode non può parlare di altro che del suo blocco e di dove è cresciuto, io sono uno straniero cresciuto in Italia e dopo questa cosa, dopo che ne ho iniziato a parlare io, molti altri hanno iniziato ad uscire dal guscio. Non cʼè più questo tabù, il rap non deve essere fatto per forza da un bianco. Poi adesso tutti la usano come scusa, il prossimo rapper nero che uscirà parlerà per anni della sua diversità, e questa cosa è giusta ma fino ad un certo punto perchè non bisogna giocarci sopra. Facendo un pezzo come “Sulla stessa barca”, rischiavo o di fare un passo indietro o di finire nel sociale, che a me non interessa, io faccio musica non sono un finto impegnato.
Lʼaltro rischio è quello di essere identificato come il rapper marocchino, e non come Maruego, che la musica venga messa in secondo piano. In Italia siamo ancora indietro, adesso le cose stanno cambiando, in Francia siamo alla 3-4 generazione e il livello di integrazione è molto più alto, ma per vedere i risultati qui dovremo aspettare 30 anni e poi vedremo il risultato ma per ottenere quello dobbiamo iniziare a lavorare ora.
6. Io ti ho conosciuto “Per i miei Kho”, che per me fu una sorta di sveglia perchè era la prima cosa che riuscivo ad apprezzare diversa rispetto al rap più classico e in un certo senso grazie a te poi sono riuscito ad ascoltare tutti gli altri, i vari Sfera, Tedua etc..
Molte persone me lo dicono, anche molte tipe che mi dicono “ti ho conosciuto perchè ti ascoltava il mio ragazzo”, è stato un gran passaparola che ha funzionato. Cʼè sempre stato qualcuno che ha detto a qualcun altro, così per me ha funzionato.
7. Complimenti anche per i video che sono clamorosi spesso.
Lavoro con questi ragazzi, i Malaka che sono quelli con cui siamo cresciuti a partire da “Cioccolata”, tra lʼaltro con “Sulla stessa barca” stavamo vincendo anche un premio come uno dei migliorivideo del 2015. Selezionati da Vevo, eravamo finiti tra tra i primi 10, tra lʼaltro lʼanno dopo M.I.A, ha fatto un video cheparlava dello stesso argomento.
Mentre stiamo trascrivendo gli appunti per questo articolo, Maruego ha fatto uscire il secondo video di "Tra Zenith e Nadir", "La Creme di Karim", una delle hit del disco big up Maru !
Marco Bianchessi & Mattia Manerba