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  • Categoria: Recensioni
  • Scritto da Klaus Bundy

Snoop Dogg - Neva Left (recensione)

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Valutazione attuale: 5 / 5

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Snoop Dogg ci ha abituati male. Negli ultimi vent’anni, ogni sua pubblicazione – annunciata in pompa magna come prodotto dalla valenza termostatica nell’angusto habitat della scena – ha quasi regolarmente deluso le aspettative: gli spesso citati puristi vi diranno che Snoop ha esaurito la sua vena contenutistica immediatamente dopo l’uscita di “Doggystyle”; altri, meno romantici ed armati di buone speranze, non ne negheranno le pecche della discografia ma assolveranno qualche iniziativa, qua e là; altri ancora, totalmente assorbiti dal carisma del personaggio, guarderanno alla musica come elemento complementare, se non di secondo piano, concentrandosi piuttosto sull’iconoclasta che negli anni ha fatto chiacchierare più i tabloid che i critici musicali.

La verità è che Snoop Dogg è tutto questo assieme, e l’ultimo tassello del suo mosaico artistico, “Neva Left”, disponibile da venerdì 20 maggio, risulta perfettamente riuscito nel presentare il rapper di Long Beach nelle sue vesti più autentiche, quelle dell’icona culturale impermeabile al tempo.

Il disco si avvale di una premessa non indifferente: per quanto l’hip-hop sia totalmente cambiato rispetto ai noti fasti dei primi anni ’90, la storia non deve essere dimenticata. È curioso, ma anche molto interessante e giusto, che un bel numero di veterani si stia armando in questi tempi di una ritrovata consapevolezza per proporre album dal tocco rétro, magari non perfetti ma dei quali non si può non amare le nobili intenzioni, che appaiono innegabilmente volte a ristabilire quel contatto tra comunità e cultura che tanti, troppi ometti – purtroppo – sono riusciti a scardinare, nel colpevole silenzio dei retti.

Sulla scia di quel gran manuale di storia che fu “1992”, sfornato da The Game ad ottobre dello scorso anno, Snoop cavalca l’onda del revival, a partire da una copertina che sicuramente scalderà i cuori di chi oggi ha superato il quarto di secolo, ritraente il nostro – appena ventenne – sulla Venice Boulevard di Los Angeles, accanto al cartello che indica la strada statale 187, numero evangelico e ricorrente nella seconda parte della gloriosa esperienza del gangsta rap di fine millennio (“’cause it’s 187 on an undercover cop!”).

Si tratta, dunque, di un cerchio che si chiude e stabilisce legami con la dimensione attuale, cancellando quella spessa linea di demarcazione che fino ad oggi separava Snoop Doggy Dogg, sbarbato, acerbo ed impacciato nel videoclip di “Deep Cover”, da Calvin Broadus, padre di famiglia ultraquarantenne, adagiato sugli allori e saltuariamente fulminato dall’euforia mistica (a proposito, qualcuno ha più saputo niente di Snoop Lion?).

L’opera, dal canto suo, non fa altro che tradurre in melodia e testi quanto impresso nell’appena citata fotografia, e fin dal primo ascolto è possibile rendersi conto del perché “Neva Left” meriti molta più attenzione di qualsiasi altro lavoro firmato dal californiano nelle ultime due decadi, eccezion fatta per quanto riguarda il periodo di militanza presso la Death Row Records: calatosi nuovamente nelle vesti del crip che non è mai uscito dal ghetto, Snoop salta con disinvoltura da una traccia all’altra, dominando umori e vibrazioni con la maestria di un direttore d’orchestra, portandoci prima a fare un tour virtuale della sua California, quella conosciuta in gioventù, selvaggia ed annebbiata dai fumi dal crack (“Bacc in the Dayz”, un titolo su tutti), e mescolando attentamente, da buon alchimista, passato e presente, a suo agio sulla crudele carreggiata del tempo (ne è un esempio il primo singolo estratto, “Mount Kushmore”, ospitante Redman, Method man e B-Real, ma anche “Let Us Begin”, in una strana ma riuscitissima coppia con KRS-One).

Immancabile, poi, un inno alle gioie donate dalla natura (“420 (Blaze Up)”, accanto ad altri validi seguaci dell’erba, come Devin the Dude e Wiz Khalifa, mentre la title track (impossibile non riconoscere “C.R.E.A.M.” del Wu-Tang Clan nel beat), “Go On” (che a qualcuno ricorderà le produzioni dei Neptunes), “Vapors (DJ Battlecat Remix)” (dai forti echi G-funk) e “Lavender (Nightfall Remix)” (brano politico, molto poco ortodosso) pennellano il quadretto con le tinte vivaci tipiche della brutalità cromatica del Fauvismo.

Canzoni come “Trash Bags”, tuttavia, ci ricordano le sviluppate capacità camaleontiche del vecchio Snoop, la cui furba malleabilità è, in fin dei conti, uno dei motivi che si cela dietro la sorprendente longevità del suo nome: per quanto lontano anni luce, per causa anagrafica e di background, dai suoni e dagli atteggiamenti più popolari del rap attuale, la saggezza del senior lascia qui spazio all’ingenuità del rookie, ma non è la prima volta che ci capita di vedere un esperto di tale caratura tendere le braccia verso il (seppur discutibile) nuovo che avanza, ed è per questo che non gliene faremo una colpa mortale, trattandosi di un dettaglio tanto esiguo di significato da non sminuire la validità del prodotto nella sua interezza.

Snoop Dogg non ha mai negato la propria disponibilità ad affiancare le leve più giovani nella ricerca di un modo alternativo di fare musica rap, a volte con risultati al limite del grottesco, ma era sacrosanto che un disco come questo fosse pressoché sterile della vena più libertina del suo autore, il cui scopo, in questa occasione, è davvero quello di ricordare alla folla che esiste un sistema dogmatico nell’apparente caos che domina le volontà più disparate dei trend setters della scena.

Chi accuserà “Neva Left” di essere datato, magari irrilevante rispetto ad una qualsiasi pubblicazione di Kendrick Lamar, dovrà scontrarsi con una scuola di pensiero che vede in esso una luce rasserenante; è chiaro che, col senno di poi, sarebbe stato più lungimirante da parte di Snoop presentare questo disco qualche anno addietro, magari prima di ridicolizzarsi al punto di non esser più preso sul serio, ma i conti cominciano a tornare nel momento in cui lo inquadriamo in un’ottica più estesa, esule dal dozzinale contesto artistico.

L’America di Donald Trump, infatti, sta velocemente perdendo tutto il terreno guadagnato nell’ultimo trentennio in materia di consapevolezza sociale, e se l’hip-hop è lo specchio dei sogni infranti e delle speranze di almeno una parte della società, allora Neva Left” è in perfetta armonia con i tempi che corrono.

 

Klaus Bundy
Author: Klaus Bundy
"I came to overcome before I'm gone, by showing and proving and letting knowledge be born" (Eric B. & Rakim).

Snoop Dogg - Neva Left (recensione) - 5.0 su 5 basato su 2 reviews