facebook  twitter  vimeo  YouTube  

Menu
  • Categoria: Eyes On The Game
  • Scritto da Klaus Bundy

Le faide nell'universo hip-hop: che cosa ci ha lasciato il 2015?

Meek_Mill_Drake

La tradizione delle rivalità tra rapper ha origini antichissime. La maggior parte degli storici tende generalmente a collocare la nascita di questa peculiarità della cultura hip-hop verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso, quando la figura del rapper era ancora marginale rispetto a quella del disc-jockey ed i cosiddetti contest erano semplicemente delle esilaranti sfide tra giullari.

In realtà, scavando più a fondo nei meandri del tempo, ci si può rendere conto con facilità quanto la competizione sia sempre stata alla base della memoria storica afroamericana, ed esempi lampanti come i cutting contest dell’epoca jazzistica anni ’20 (grazie ai quali geni immortali come King Oliver, padre putativo di un certo Louis Armstrong, riuscirono a farsi strada nella leggenda) sono lì a dimostrarcelo.

Senza scomodare i pionieri del jazz di New Orleans, comunque, possiamo affermare che, anche nell’ultimo paio di generazioni, gli appassionati del genere hanno avuto modo di testimoniare con i propri occhi delle battaglie all’insegna dell’epica, a volte (e fatalmente) senza esclusioni di colpi, ma sempre volte al predominio sul prossimo e all’intrattenimento. Molti hanno paragonato l’animato scambio verbale tra MC alle lotte negli anfiteatri dell’antica Roma, durante le quali i gladiatori designati si ritrovavano costretti ad ammazzarsi l’un l’altro al solo macabro scopo di divertire il pubblico. Certo, il parallelismo può sembrare vagamente forzato (tra coloro che combattevano nel Colosseo non c’era nulla di personale), ma il fascino generato nell’anima degli spettatori può considerarsi il medesimo.

Da Kool Moe Dee e Busy Bee, passando per la Westisde Connection e i Cypress Hill, arrivando fino a Nas e Jay-Z, l’universo hip-hop ha sempre guardato con estremo interesse ai litigi in rima dei suoi esponenti di punta, spesso anche a costo di tralasciarne la sincera validità della natura. In effetti, se analizziamo con cinica attenzione i casus belli delle principali faide che si sono consegnate alla storia, notiamo come, quasi sempre, le faide siano nate in seguito a banali incomprensioni, poi degenerate in un turbine di violenza non adatto ai cuori deboli: fu così per la guerra tra i Boogie Down Productions e la Juice Crew di MC Shan, e molto probabilmente fu così anche nel caso di Tupac e Biggie, anche se quest’ultima non potrà mai essere considerata una beef con tutti i crismi, dal momento che gli attacchi erano sostanzialmente unilaterali; in altre situazioni, poi, le ostilità sono scattate a causa di serie divergenze personali, come accadde tra Eazy-E e Dr. Dre e, più recentemente, tra 50 Cent e Ja Rule.

E’ dunque motivo d’imbarazzo, di fronte al nobile quadretto presentato, constatare come negli ultimissimi anni non ci sia stato modo di difendere quella che, gratuità a parte, può ben considerarsi una forma d’arte, una tradizione caratteristica.

Musicalmente parlando, il 2015 lascerà un ricordo tutto sommato positivo, ma le due faide principali a cui abbiamo assistito (ed una, in particolare) non possono che etichettarsi come “macchie”, in linea purtroppo con la filosofia culturale di dubbio gusto che sta ormai da tempo inquinando l’illustre profilo del movimento hip-hop presso le masse.

Ghostface Killah e Action Bronson

Premessa: tra Action Bronson e Ghostface Killah non è mai iniziato nessun vero conflitto. Proprio come quando KRS-One confuse l’intro della canzone “The Bridge” di MC Shan per uno smacco nei confronti del Bronx, Ghostface ha commesso un azzardo nel pensare che il giovane Bronson gli stesse mancando di rispetto con la dichiarazione “Ghost non rappa più come un tempo”, nel corso di un’intervista. Il rapper del Queens non aveva alcuna reale intenzione di dissare colui che ha sempre additato come il suo più grande idolo e, anche se può aver peccato di leggerezza verbale nell’esposizione del suo pensiero (il ragazzo si riferiva all’evoluzione stilistica di GK, non ad un peggioramento delle sue straordinarie capacità al microfono), la leggenda del Wu-Tang Clan avrebbe forse potuto affrontare la questione con più lucidità, considerando anche il suo invidiabile status di veterano. E’ motivo di sollievo, quindi, poter asserire che ogni problema sia già stato risolto senza alcuno scontro diretto.

La beef che tutt’oggi vede contrapposti Drake e Meek Mill, invece, è una mera bambinata nel nome del clamore mediatico.

I due prodotti di punta della Cash Money e della MMG non hanno mai avuto un vero motivo d’infilare i guantoni, e la scintilla che ha dato il via alle infuocate danze è stata prodotta da un post su Twitter di Meek, nel quale quest’ultimo accusava Drake di avere sul suo libro paga un personaggio occulto (poi riconosciuto nella persona di Quentin Miller, un rapper di Atlanta) per la stesura dei testi delle sue canzoni.

Il vero motivo di questo “attacco social” (trend in crescita esponenziale, tra l’altro) è da ricercare nella “negligenza” di Drake, colpevole di non aver ritwittato il post pubblicato sull’account di Meek in occasione dell’uscita dell’album “Dreams More Worth Than Money”, che ha visto la luce il 29 giugno scorso. Insomma, un mancato retweet è stato reputato sufficiente per sfoderare la spada.

Come poi gli eventi ci hanno mostrato, il nativo di Philadelphia è stato ridicolizzato fino all’osso e, da allora, la sua credibilità come artista è stata quantomeno ridimensionata (il che è stato anche un bene, sotto un certo aspetto, se prendiamo in esame le sue effettive qualità).

Il vero problema, però, è costituito dai due messaggi - estremamente negativi - che sono emersi come eredità lasciata da questo inutile scambio di battute: il primo è relativo all'accettazione della figura del ghostwriter al servizio del rapper; il secondo è l’idea che Drake sia valutato come un “temibile MC” nel panorama hip-hop attuale.

In primis, è necessario sottolineare che accogliere e addirittura gradire i ghostwriter come figure ausiliarie per il confezionamento dei prodotti targati hip-hop rappresenta un profondo controsenso, nonché un autentico insulto verso quei principi che, fin dalla notte dei tempi, regolano in maniera categorica il ruolo degli MC: i testi devono appartenere a chi li espone. La grande differenza tra i rapper e tutti gli altri interpreti della scena musicale mondiale è proprio l’inderogabile ed indiscussa paternità delle liriche, e far passare il concetto che un artista, che non si chiami Dr. Dre, possa cantare pezzi scritti da qualcun altro è quanto di più lontano questa cultura concepisca in termini di dignità. Detto ciò, come al solito, sta a noi far sì che il degenero non diventi la regola.

Relativamente a Drake, invece, dobbiamo semplicemente evitare di farci illusioni: Drake non merita rispetto per il semplice fatto di aver messo alla berlina Meek Mill, poiché l’attuale fidanzato di Nicki Minaj non può essere annoverato come attendibile metro di paragone per formulare un’affermazione del genere. Drake possiede l’indubbia capacità di produrre canzoni che piacciono alla gente, e la sua sterminata popolarità tra coloro che non ascoltano regolarmente la musica rap parla più di un’infinita serie di parole. Il guaio è che il successo, come spesso accade, ha fatto credere a molti che il barbuto canadese sia già annoverabile tra i mostri sacri della storia del rap, ignorando le sue limitate abilità tecniche in cabina di registrazione (sempre ammesso che sia lui a prendere la penna in mano e che non abbia ragione Mill) e la pochezza dell’avversario che ha incontrato sul suo cammino: l’aver “distrutto” Meek Mill (la cui sorella, nel tentativo di difenderlo, ha fatto più bella figura di lui al microfono) non fa oggettivamente testo, e tutti sanno (anche i sordi estimatori, in cuor loro) che se Drake dovesse un giorno trovarsi contro un rapper minimamente capace, la sua stella smetterebbe di brillare nello spazio di un battito di ciglia.

Ora, arrivati ormai a gennaio 2016, non possiamo far altro che archiviare queste parentesi e prestare attenzione a ciò che ci attende per i prossimi mesi, nell’inesauribile speranza che l’inutile ed il profano non siano più al centro dell’attenzione collettiva. Per chi è abituato ad altri tipi di standard, è necessario stringere un po’ i denti.

Drake e Meek Mill

 

Klaus Bundy
Author: Klaus Bundy
"I came to overcome before I'm gone, by showing and proving and letting knowledge be born" (Eric B. & Rakim).