- Categoria: Eyes On The Game
- Scritto da Gabriele Correnti
Amill Leonardo, French Montana e la voglia di distinguersi
Il rischio più grande della musica è quello di varcare il confine che c’è tra l’arte ed il prodotto. L’attuale momento del rap italiano può esser definito come una “terza stagione”, citando Emis Killa, poiché si è evoluto il modo di comunicare e di concepire una sensazione di appartenenza a questa musica che nei tanto rimpianti anni d’oro si nutriva di Jam, cassettine e vinili. Negli ultimi dieci anni il rap ha sfruttato le sue caratteristiche, funzionali e versatili, per trovare una diffusione più ampia tramite degli strumenti che vent’anni fa potevano essere solo solo pensati, come tutte le piattaforme di cui adesso possiamo fare liberamente uso (Facebook, Youtube, Sundcloud ecc..). Gli artisti di oggi sono figli legittimi di questo cambiamento, pregi e difetti compresi. Ciò che più spaventa è però la concreta possibilità di esser davanti ad un appiattimento totale di qualità ed ispirazione musicale, sfumando la differenza tra originale ed uguale.
Tra un’uscita e l’altra, questo fine settimana ho dedicato la mia attenzione all’uscita di “N.9” di Amill Leonardo, nome scoperto grazie alle props di Vacca, il quale non mi aveva entusiasmato più di tanto nelle ultime uscite musicali. Nonostante tutto, il progetto e il concept mi sembrano ben curati, inoltre le produzioni di Andry The Hitmaker e Kid Caesar insieme al feat con Vacca mi ingolosiscono parecchio quindi decido di dargli una chance, tanto cosa mi costa? Bene, durante i nove brani che lo compongono ho provato ad immedesimarmi nelle liriche dell’artista in questione e le conclusioni che ho sviluppato al riguardo nascono all’ascolto dell’ottava traccia, “French Montana”, prodotta dai 2nd Roof.
La fortuna di questa musica è sempre stato il privilegio di poter dire qualcosa a qualcuno mettendoci la faccia, la reputazione e la coscienza. Il motivo per il quale il rap è stato la salvezza di molti, aldilà di qualsiasi confine geografico e culturale, è dovuto al poter mostrare la sua natura senza alcuna censura espressiva, senza la necessità di un raffinato arrangiamento musicale, senza alcuna giuria sanremese formata da non competenti nel settore che lo giudica. Istintivamente, in Italia, penso a liricisti raffinati che ci hanno aperto le porte del loro mondo, come Bassi Maestro e Dargen D’Amico, a geni estrosi come Salmo e Lord Bean che ne hanno ridisegnato la visione, grafica e musicale, così come un Guè Pequeno o un Mondo Marcio, i quali ne hanno concepito addirittura un business. (Già, perché non è così scontato). Questa musica è sempre stata un modello di cera le cui trasformazioni dipendevano dalle necessità di chi voleva farne uso. Ogni generazione ha la necessità di distinguersi da quella passata, sono le nostre possibilità e le nostre impossibilità che hanno portato la generazione attuale, specialmente chi da pochissimo si è accostato al genere, a ricercare ciò che il rap è oggi. I nuovi artisti raccontano, ancora all’alba delle loro carriere musicali, di come il successo sia ragione e traguardo di ogni sacrificio. Se il traguardo era quello di aspettare il sole vent’anni fa adesso è quello di riuscire a fare una montagna di soldi, come French Montana. Sarà cambiato tutto, ma nel ritornello di questo pezzo, di un ragazzo che sta vivendo il sogno di essere artista, io ci vedo tutta la fame e tutta la voglia che c’aveva Neffa di veder tornare il sole.