- Categoria: Recensioni
- Scritto da Gianluca
Egreen - More Hate (recensione)
Dopo quasi un anno dall’esplosione di “Beats & Hate”, il buon Egreen torna sulla scena forte come una cannonata con il nuovo “More Hate”, una sorta di secondo capitolo dell’album uscito fuori nel 2015. Il filo conduttore è sempre l’odio, la dimostrazione d’amore più forte in assoluto. Questa volta (fortunatamente) possiamo parlare solo ed esclusivamente del disco, tralasciando quegli aspetti esteriori (vedi la storia del crowdfunding dello scorso anno) che probabilmente condizionano la mente di chi ascolta. Andiamo nel dettaglio ad analizzare il disco!
“Un dj e un mc, come scrisse quello prima di quello prima di me che uccidesse i beatz. Punto al 3016 non alla Bentley, a smooth operator operating correctly!”
“Smooth Operator” è il singolo che apre “More Hate”, un’atmosfera jazz molto cupa e sottile fa da tappeto perfetto per la violenza verbale di Fantini. Lo scopo è sempre quello, lasciare un segno in modo netto e inequivocabile piuttosto che accontentarsi del “tutto e subito”: far arrivare il proprio suono al “3016” per il nostro Gigi è sicuramente più importante di una Bentley (fino ad un certo punto!)
“Fotte un cazzo, quando salgo è sempre il Bataclan. Più che competizione siete chiacchere da bar che nel tempo di un Bianchino sono già una barzelletta”
Arriviamo a “Bataclan”, in quello che secondo me rappresenta alla perfezione cosa vuol dire fare rap per Egreen. E’ terrorismo pure sui beat, che non lascia scampo alle varie barzellette che si sentono sempre più spesso in giro. Rimanendo in tema, “Bataclan” è una vera e propria “bomba”…
“Non rappresento un quartiere, ma rappresento un paese che ha visto bene a chi ho messo al dito la fede. E il bello è che non devo render conto nemmeno al tuo santone, rappare meglio di scopare, Green capobastone!”
C’è davvero da aggiungere qualcosa? Ho ascoltato vagonate di rap in vita mia, ma in nessuno ho visto l’amore per sta roba (o l’odio, a seconda dei personali gradimenti) che vedo negli occhi di Egreen. E quando c’è amore, quando c’è passione il pubblico sa riconoscerlo, come disse un vecchio saggio: “E’ solo amore se amore sai dare”! E qui d’amore ce n’è a vagonate.
Tra i featuring troviamo l’ormai onnipresente (per fortuna) Nex Cassel, che sfoggia la sua violenza verbale negli “scambi” di “Xerox”, Er Costa, con cui Egreen colleziona la seconda parte di quel vecchio classico (Milano-Roma) che dieci anni fa vide protagonisti i Club Dogo e i Corveleno (presenti tra l’altro nello skit del pezzo), Claver Gold e Albe OK (grandissima scoperta dal mio punto di vista), Attila (“Soldierz” è un pezzo che suona molto reggae, cosa abbastanza inaspettata in un album di Fantini) e last but not least i Virus Syndicate direttamente da Manchester, in un pezzo destinato a fare storia.
Per quanto riguarda i beat, troviamo una grandissima varietà d’artisti in “More Hate”: St Luca Spenish dà un tocco più jazz sia a “Smooth Operator” che a “Derox”, Cope (autore di quello che per me è il pezzo dell’anno, “Bataclan"), Zef, il grande Fid Mella (va trovato assolutamente il campione di “Meglio che scopare”, un viaggio assurdo), Dj P-Kut, Anagogia, Railster, Mighty Cez e i The Ceasars.
In conclusione, dopo un lungo periodo esclusivamente dominato dalle nuove tendenze e tonalità del rap italiano, Egreen dimostra a tutti che del buon rap, anche se “classico”, se fatto bene, non ci si stanca mai. Questo disco è un autentica mina, paradossalmente addirittura superiore a “Beatz & Hate” dello scorso anno. Chiudo citando il buon Gionni Gioielli, che centra totalmente il punto quando dice che in Italia non si può parlare di disco dell’anno finche non esce l’album di Egreen, più chiaro di cosi…