- Categoria: Eyes On The Game
- Scritto da Matteo Da Fermo
RAP-Revolution Art Poetry, il documentario sul rap in Palestina
Al di là dei gusti personali, guardando videoclip di rap italiano o statunitense o leggendo i vari post sui social networks, mi rendo conto che spesso, da un po' di tempo a questa parte, si stanno perdendo vista le radici del rap stesso nonchè il perchè si cominciò a fare rap anni e anni fa. Non è una questione musicale, ma una questione di attitudine, sia se si ha un contratto discografico in tasca e gioielli addosso, sia se si è dei perfetti sconosciuti.
La mia non vuole essere una critica, ma una semplice constatazione. Credo tuttavia che un fondo di verità ci sia e progetti come quello di cui sto per parlare mi fanno credere che non sono l'unico a vivere l'hip hop così.
Ognuno può pensarla come vuole, ma solamente un folle potrebbe criticare un progetto come “RAP – Revolution Art Poetry”. Non si tratta di retorica o buonismo, ma già solamente il voler andare in Palestina per indagare la storia e la realtà di un paese come quello e seppur per poco viverlo, è sintomo di voglia di conoscere, la quale è da ammirare in un periodo storico nel quale si fa sempre più fatica a trovare persone che guardino oltre il proprio naso.
Se poi questo lo si fa in maniera costruttiva, con un regista di professione - Nicholas Nazari, il fratello di Dutch Nazari - e con delle idee ben chiare, ci sono buone possibilità di fare un ottimo lavoro ed a mio avviso così è stato per questo progetto. Oltre ai fratelli Nazari in questo progetto sono stati coinvolti l'aiuto regista Francesco Durante, il poeta Alessandro Burbank e Sick Et Simpliciter, che ha curato la parte musicale.
“RAP – Revolution Art Poetry” è un documentario che indaga il ruolo della poesia e del rap nella società palestinese. E' il risultato di una ricerca che ha portato 5 ragazzi in Cisgiordania per intervistare numerosi rappers e poeti locali del posto, alla scoperta del modo in cui il rap e la poesia trattano le urgenti e drammatiche istanze sociali di cui il popolo palestinese è portatore, oltre che del rapporto tra queste due forme espressive.
Sembrerà assurdo per molti di noi, a causa degli schemi mentali "classici" dell'occidente odierno, ma la Palestina da anni è all'avanguardia nel mondo della poesia: da lì al rap il passo è breve, ma non facile come sembra. Infatti, quando l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina fu creata negli anni ’60, il governo israeliano affermava l’inesistenza di un popolo palestinese con una propriacultura e tradizione. Per questo motivo, il movimento di resistenza palestinese, ha sempre dato un’importanza cruciale al supporto e allo sviluppo delle forme esistenti di espressione artistica e la poesia popolare palestinese è stata sicuramente la forma d’arte più diffusa.
Oggi invece, all’interno della società palestinese, assistiamo al distanziarsi delle nuove generazioni da quelle che le hanno precedute. A queste ultime, oramai disilluse e rassegnate, si contrappongono i giovani, la cui rabbia ancora ardente non si arrende al conflitto, agli insediamenti israeliani in continua espansione, all’appropriazione indiscriminata delle risorse ed alla quotidiana violazione dei loro diritti. In quest'ottica L’hip hop e il rap si stanno diffondendo tra i giovani palestinesi come nuove forme di espressione artistica e culturale.
D'altronde, basta studiare la storia artistica italiana ed europea per capire che, nei momenti storici più bui, l'arte ha spesso raggiunto livelli elevatissimi. Per questo motivo tale documentario è un progetto interessante: in anni così cruciali, sia in Palestina, che in tutto il mondo, andare a vedere come uno strumento come il rap stia venendo utilizzato è da un lato una riscoperta delle radici dello stesso, dall'altro può essere uno stimolo per noi "occidentali", sia verso il "nostro" rap che verso il modo con il quale osserviamo la società cambiare.
Una speciale menzione è secondo me da fare al brano di Dutch Nazari che va dal sesto minuto in poi: in pochi minuti riassume la storia del conflitto israelo palestinese in rima. E' già difficile sintetizzarlo discorsivamente, se poi lo si fa tramite incastri e rime si è dei veri e propri maestri della parola.
Concludendo, può essere cruciale citare Confucio (come è anche stato fatto nel documentario), che qualche centinaio di anni fa diceva: "Se vuoi capire un popolo, ascolta la sua musica". Mai parole furono più giuste.
Chapeau a questi ragazzi.
Vi lasciamo con il documentario, nella versione sottotitolata in italiano.