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A$AP ROCKY. Il diamante di Harlem.

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L’acronimo A$AP può contenere in esso tanti significati quali“As Soon As Possible”, un più generico “Acronym Symbolizing Any Purpose”, ma soprattutto può assumere il concetto fondamentale di “ Always Strive And Prosper”, ossia lottare ed avere successo sempre, ad ogni condizione. Ed è forse quest’ultima sfumatura, legata alla fame ed al talento, che si cuce meglio addosso alla vita di un ragazzo come tanti che contro ogni pregiudizio ed ogni invalicabile limite decide di conquistarsi la sua fetta di mondo tramite il rap, che tante volte ha portato ragazzi allo sbando e senza un futuro ad ottenere ciò che in determinate condizioni di vita si può soltanto fantasticare, che tante volte ha cantato del suo quartiere e di quanto difficile sia credere nei sogni quando esso ti tiene stretto forte a sé. Parliamo di Harlem, uno dei quartieri più popolari di New York, degli States e del mondo, uno dei tanti punti di riferimento cui l’Hip Hop ed i suoi O.G. affibbiano le proprie radici. Brani come “Harlem’s Street” di Immortal Technique sono pietre miliari senza tempo che dipingono con estrema lucidità frammenti di vita dove l’instabilità ha sempre trionfato sulla felicità di chi lì ci è nato e vissuto. Tra questi troviamo anche un ragazzino, Rakim Meyers il quale già dal nome ha la responsabilità di avere su di lui il peso e la stella del predestinato, nel rap ma non solo. Perché Rakim è il nome di uno dei più grandi liricisti che l’America abbia mai accolto nella sua terra, in grado di raccontare con la sua unicità episodi di vita ritratti con estremo realismo, farcito da riflessioni alte nelle quali trovano spazio la religione, l’esistenza e la redenzione. A tal proposito entra in gioco l’islamismo, altro punto fermo nel quale il giovane Meyers troverà a fare i conti durante il suo percorso di crescita che culminerà con il suo ultimo album “At Long Live Asap”, il cui acronimo forma appunto la parola A.L.L.A. Ma andiamo con ordine.

Come buona parte dei suoi coetanei, il giovane Rakim è costretto sin da subito a fare i conti con una realtà difficile, un padre che villeggia in galera per piccoli crimini comuni, una madre vittima delle sue stesse scelte ed una strada da percorrere al buio con l’ausilio di una sola luce, il rap. Le rime dei Mobb Depp, del Wu-Tang, dei Three 6 Mafia, fanno da guida spirituale al giovane ragazzo che è costretto ad accettare precocemente le difficoltà che la vita gli pone davanti come l’assassinio del fratello, che sarà punto di svolta, una volta assorbito il dolore, per il suo cambiamento. A soli vent’anni infatti, bazzicando per le strade di New York, nelle quali sappiamo tutto è possibile, entra a far parte del collettivo A$AP Mob il quale vantava al suo interno rapper, produttori musicali e registi. E qui la svolta. A$AP Ferg ed il compianto A$AP Yams saranno per il ragazzo i punti di riferimento mai avuti nella propria vita. Questa collaborazione porterà al primo progetto solista del giovane Rakim, ossia “Live. Love. Asap” nel quale si intravede, seppur non espresso appieno, l’enorme potenziale che il ragazzo coltiva.

In seguito, A$AP Rocky, questo il nome d’arte da lui scelto, diventerà un vero e proprio status symbol all’interno della scena americana, grazie al suo stile inconfondibile che lo caratterizza tanto nella musica quanto nella vita privata. Assieme a Kendrick Lamar avrà l’onore di aprire i concerti di un Drake salito agli onori di cronaca. Avrà modo inoltre di iniziare la sua carriera da modello, con le prime apparizioni in videoclip e in pubblicità che adesso lo hanno reso testimonial dei maggiori brand di lusso del mondo, che solo qualche anno prima poteva solo osservare da dietro una vetrina. Ma se il successo e la fama sono delle armi a doppio taglio perché cambiano chi le ottiene, manipolano dall’interno chi le vive, vi è sempre un’eccezione che conferma il caso, e questa eccezione è la sua. Al contrario di quanto si possa pensare A$AP Rocky ha vissuto in modo molto cerebrale quanto ha ottenuto, elaborando con la sua eleganza solita iniziative nel business e nella musica che lo rendono un vero e proprio diamante in mezzo ad una superficialità ed un egoismo straripante.

Inizia a collaborare con noti stilisti dell’alta moda tra i quali Raf Simons (che sarà titolo del suo ultimo brano) col quale produrrà un brand di abbigliamento personale e firma un contratto milionario con la Sony, per cui farà uscire il secondo progetto in carriera, nonché primo album ufficiale, “Long Live Asap”. In quest’album A$AP Rocky sperimenta la trap, o meglio il suono nuovo, quello che non ti aspetti, prima di chiunque altro, e questo molti ascoltatori non lo sanno.  L’album esce nel 2013, ma qui in Italia, non si ha la minima idea di chi esso sia. Proprio in quell’anno, in un giorno qualsiasi, mi trovavo alla Feltrinelli alla ricerca di qualche golosa occasione riguardante i dischi, quando l’occhio mi cade su questo disco dalla cover dark, affascinante e concettuale che mi incuriosì parecchio. Al tempo il mio unico pensiero era quello di aumentare le mie conoscenze del rap italiano, il rap d’oltreoceano era ancora una chimera, per via dell’età e per via dell’ignoranza di chi si avvicina ad un qualcosa da poco tempo. Senza pensarci su lo presi e gli diedi subito un ascolto. Tutto quello che so e che, allora, tutto quello che percepii fu una sensazione di stupore ma allo stesso tempo di delusione perché la concezione di rap che avevo assunto fuorviava completamente ciò che arrivava alle mie orecchie. Melodie oscure, un parlato lento (Phoenix), produzioni dubstep e drum’n’bass (Wild For The Night), brani con un flow ed una metrica impressionante (1train, Fuckin’ Problems), veramente roba inconcepibile per quei tempi. Soprattutto per noi ascoltatori italiani, con l’orecchio poco educato all’innovazione.

Sono passati ben quattro anni, e nel frattempo è uscito quello che sembra essere il disco conclusivo della trilogia. Purtroppo non sono riuscito ad avere quella coincidenza fortunata che mi era capitata col precedente album ma, oggi che chiunque ha sulla bocca il nome di Travis Scott, oggi che tutti vanno a tempo sui bpm della trap, oggi che A$AP Rocky sta diventando come è giusto che sia un icona all’interno del panorama musicale mondiale, riscopro “At.Long.Last. Asap” nonostante l’uscita risalga a due anni fa. Bene, questo lavoro, così come i precedenti non è stato celebrato, non ha vinto dei grammy, non ha raggiunto dei platini e non è diventato un must. Certo direte, parliamo sempre e solo di musica. Per convincervene non farò una recensione del disco, non mi dilungherò oltre come forse ho già fatto ma vi invito ad ascoltare i due brani d’esordio dell’album,” Holy Ghost” e “St.Canal”. Questi due non sono dei comuni brani rap, questa è musica senza musicisti, questa è arte sublimata in rime, in concetti non comuni, questo è stile che si distingue, cui non si arriva. Questo è ciò che tra qualche anno setterà dei nuovi livelli da raggiungere che, ahimè, non si impongono tramite i premi, ma, piuttosto, dentro uno studio, col produttore, con l’artista e la voglia di incidere il proprio nome nell’olimpo dei più grandi. E vi assicuro che ci è riuscito. Forse, tra qualche anno, non sarà ricordato con il suo nome d’arte attuale bensì come il giovane Rakim il quale è stato in gradi di riscrivere gli stili e le liriche della storia del rap. Lunga vita, A$AP!

 

Gabriele Correnti
Author: Gabriele Correnti
"...e mi hanno detto 'la vita non è un film', io ho risposto 'parla coi miei dubbi." (Caneda)