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- Scritto da Giuseppe
Snoop Dogg - Bush (recensione)
Il 12 Maggio è stato pubblicato il tredicesimo disco di Snoop Dogg: "Bush". Nella sua carriera più che ventennale (l'intramontabile album di debutto "Doggystyle" è datato 1993) Snoop Dogg ha pubblicato grandi classici, dischi di ottimo livello e, non nascondiamocelo, anche qualche lavoro dimenticabile come "Tha Doggfather" o "Reincarnated". Una cosa però non è mai mancata a Snoop Dogg: il coraggio di sperimentare. Vuoi per le poliedricità dell'artista, vuoi per la sconfinata sicurezza economica che lo libera da qualsiasi risultato economico vincolante, Calvin Broadus ha sempre cercato di mettersi in gioco, disco dopo disco, quando avrebbe semplicemente potuto adagiarsi sul suo nome e sulla fama del primo lavoro. Così non è stato e "Bush" ne è l'ennesima dimostrazione.
Partiamo con una precisazione: "Bush" di rap ha molto molto molto poco. Troviamo più rap nella traccia "I'm Ya Dogg", pezzo finale con Kendrick Lamar e Rick Ross che nelle altre 9 canzoni che compongono il disco. C'è, però, tanto funk. Tantissimo. E non è mai stancante. Il disco, e in questo aiuta la durata molto bassa, riesce a mantenere incuriosito e attento l'ascoltatore fino alla fine, a rapirlo nelle melodie funk fino alla fine, a immergerlo in un viaggio che si concretizza in una sensazione di relax difficile da sperimentare con altri lavori. Ascoltando "Bush" ci si ritrova, se si chiudono gli occhi, su una sdraio su un bordo-piscina cullati dalle melodie delicatissime che permeano l'intero disco. Snoop ha un flow così melodico che non è un azzardo definirlo "mieloso" e che si adatta alle preziose (preziosissime) basi stese da Pharrel Williams nell'arco di tutto il progetto che, come oramai sapranno tutti, è interamente prodotto dal suddetto (in realtà Pharrel ha lavorato molto anche alle liriche). I testi riflettono l'atmosfera spensierata del disco riferendosi principalmente a immagini di festa, bella vita e chi più ne ha più ne metta. I featuring (tra cui T.I., Gwen Stefani, Stevie Wonder e Charlie Wilson) non rubano mai la scena a Snoop e una menzione d'onore la merita il solito Kendrick Lamar che ha così tanti flow che mostra come sia praticamente impossibile sentirlo ripetersi su una traccia. Il brano migliore del disco è, a parere di chi scrive, quello introduttivo: "California Roll", brano forte di un sound e di un'atmosfera davvero eccezionale. Alla luce di quanto scritto non sarà difficile capire qual'è l'altro lato della medaglia del disco: chi vuole uno Snoop gangsta-style dovrà alzare i tacchi e ripiegare sui vecchi lavori. Non c'è violenza e non c'è nessun tipo di odio in questo disco. Zero. Lo stesso consiglio è rivolto a chi cerca un disco di puro hip-hop, anche in questo caso potreste restare insoddisfatti.
"Bush" è un esperimento, come il precedente disco "Reincarneted". Solo che, a differenza del precedente lavoro raggae-oriented, è un esperimento riuscito. E scusate se è poco. Snoop torna a far festa come solo lui sa e, per fortuna, siamo tutti invitati.