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- Scritto da Giuseppe
Machine Gun Kelly - General Admission (recensione)
Machine Gun Kelly, molto spesso più semplicemente appellato come MGK, riuscì nel 2012 a stupire con l'album di debutto “Lace Up”. Il disco, molto orientato al pubblico mainstream e con un sound molto radio-friendly, convinse critica e pubblico (con circa 200.000 copie vendute a ripagare il contratto di un 1,5 milioni di dollari concluso tra la Bad Boy Records e il ragazzo) grazie alla convincente fusione di beat di qualità, ritornelli travolgenti, contenuti e sopratutto metriche e flow di alta classe, elementi che hanno sempre contraddistinto l'MC che si è guadagnato il suo nome d'arte proprio per il flow veloce e rapido che è diventato il suo marchio di fabbrica. Dopo una pausa di ben 3 anni MGK è tornato con un nuovo disco intitolato “General Admission”. Sarà riuscito a replicare l'ottima prima uscita?
La pausa di 3 anni che ha separato “Lace Up” da “General Admission” è servita, stando alle dichiarazioni dell'MC, a crescere come artista e come uomo oltre che a non cadere in quella routine di pubblicazione di un disco all'anno che porta, inevitabilmente, ad un abbassamento della qualità dei propri lavori. Dopo l'ascolto dell'album possiamo dire che la crescita dell'MC si sente in tutti gli aspetti del disco che, in qualche modo, suona più maturo rispetto a quello precedente non solo nei contenuti e nel modo in cui sono affrontati, ma anche nel comparto sonoro. Il disco è sensibilmente più duro di quello precedente da un punto di vista prettamente musicale e gli elementi pop che hanno spinto le vendite del primo lavoro sono, se pur presenti, sensibilmente diminuiti. Meno banger e meno ritornelli cantati potrebbero rivelarsi deleteri dal punti di vista meramente commerciale, ma danno all'album un tono decisamente più serio che ben si sposa con l'intimismo e la maturità dell'ormai ventiseienne MC. I 13 brani (16 nella Deluxe Edition) scorrono veloci, la durata è quella giusta e la noia non assale mai l'ascoltatore, nemmeno quando i continui riferimenti a Cleveland, città natale del rapper, diventano ridondanti e un po' troppo frequenti. Il progetto è infatti, apprezzabilmente, una dichiarazione d'amore alla propria città e al proprio pubblico ma sospettiamo che se fosse stato più lungo avrebbe potuto ingenerare un po' di noia negli ascoltatori più attenti alle liriche e ai testi che non si faranno sfuggire una certa ripetitività di fondo, intramezzata tra l'altro da brani molto pregevoli dedicati alla propria famiglia o comunque più intimisti e che non ci sarebbe dispiaciuto incontrare più spesso. Tecnicamente MGK è inattaccabile, rapido e preciso nel flow e nelle metriche, svolge egregiamente il suo lavoro. Poco da dire su questo fronte. Sul fronte collaborazioni segnaliamo l'ottimo lavoro svolto da Kid Rock sul ritornello di “Bad Motherfucker”, uno dei brani che ci è piaciuto di più. Tutte buone le produzioni che, escluso il beat di “Till I Die” prodotto (inconfondibilmente) dai J.U.S.T.I.C.E. League, non sono affidati a nomi particolarmente scintillanti.
Il disco “General Admission” può, alla luce delle considerazioni di cui sopra, essere considerato dunque un degnissimo successore di “Lace Up”. I fan si possono, a nostro parere, approcciare al disco senza remore e senza paura di essere delusi, l'MC che hanno imparato ad amare è in forma come sempre, pronto a donargli la solita smodata quantità di rime infuocate.