- Categoria: Recensioni
- Scritto da Giuseppe
Macklemore e Ryan Lewis - This Unruly Mess I've Made (recensione)
Il 2012, come i più attenti ricorderanno, fu un anno molto positivo per l'Hip Hop con numerose uscite di grande qualità e qualche gradita novità. Furono pubblicato grandi dischi tra i quali citiamo solo, per non andare troppo lunghi, "Good Kid, M.A.A.D. City" di Kendrick Lamar ,"Life's Good" di Nas o "Jesus Piece" di Game. Questo per citare solo 3 album degli artisti più celebri e famosi (ricordiamo che il disco di Lamar era già attesissimo dato i precedenti lavori del giovane). Insieme a queste grandi conferme ci furono poi varie sorprese tra le quali ci vogliamo soffermare su una in particolare, per introdurre la nostra nuova recensione. Parliamo del disco "The Heist", album di debutto della coppia formata dall'MC Macklemore e dal producer Ryan Lewis. Il disco ottenne un buon successo di critica e un clamoroso successo commerciale (ben un milione e mezzo di copie vendute solo negli U.S.A.), pur attirandosi numerose critiche da parte del pubblico, molte delle quali però ingiustificate e frutto di un odio inspiegabile che impazza ancora oggi sul web e che molti hanno mostrato verso Macklemore (?!). Il disco piazzò questo risultato grazie a delle mega-hit ("Can't Hold Us" e "Thrift Shop"), al sound fresco e pop oriented del lavoro e alla grande versatilità dei due artisti. Oggi, dopo questa lunga ma doversa introduzione, siamo qui per parlarvi del disco "This Unruly Mess I've Made", secondo album del duo che arriva a ben 3 anni (e pochi mesi) di distanza da quello precedente. Seguiteci!
In "This Unruly Mess I've Made" i due artisti mostrano immediatamente i muscoli aprendo il lavoro con una intro ("Light Tunnels") che possiamo tranquillamente annoverare tra le più riuscite tracce dell'album. Il brano ci riporta immediatamente al loro post-primo-disco narrandoci della grande serata dei Grammy a quali partecipò il duo proprio con "The Heist" e mostra subito un Macklemore agguerrito e deciso a non fare sconti a niente e nessuno svelando retroscena, inganni e, in generale, il marketing dietro l'evento più atteso del mondo della musica. Questo atteggiamento provocatorio è mantenuto in altri brani che compongono il progetto e alternato a momento più riflessivi e ad altri, immancabilmente, più ironici e nel solco dei singoli del precedente album. Possiamo sicuramente dire che la performance di Macklemore è, per tutta la durata del lavoro, INCRITICABILE (se non da un punto di vista soggettivo). L'artista si mostra assolutamente completo sotto tutti i punti di vista. Ci sono le rime, c'è il flow, ci sono testi impegnati (citiamo i brani "Growin Up" e "Kevin", ma non sono gli unici) e testi scanzonati (si pensi a"Downtown"), momenti riflessivi e puro esercizio di stile. Nei 57 minuti di durata del disco (che nella sua versione base si compone di 13 brani) la monotonia e la noia non affiorano neanche per un istante e Macklemore riesce a mantenere alta l'attenzione dell'ascoltatore tra brani dedicati alla figlia, altri di denuncia del razzismo o degli abusi di sostanza tossiche, senza dimenticare però di buttarla sul ridere in alcuni brani di vero e proprio comedy-rap ("Let's Eat", "Bradd Pitt's Cousin"). Dalla completezza lirica e tecnica di Macklemore è poi giusto passare alla completezza e versatilità di Ryan Lewis. Il produttore non sbaglia, in pratica, una base. Dai pezzi più pop ai beat più "classici", tutto funziona a dovere e riesce a trasmettere il giusto mood all'ascoltatore e il giusto accompagnamento all'MC. Anche le collaborazioni sono di buon livello e tra queste spiccano quella di Ed Sheraan, di KRS-One e, sopratutto, quella di Chance The Rapper che ci regala una grande strofa nel brano "Need To Know". Ci avviamo alla chiusura osservando come nel disco manchino brani con il potenziale della mega-hit se non si considera il pezzo "Growin Up" con Ed Sheraan o "Dance Off" che, comunque, sono ben lontani dalla potenza dei singoloni globali del disco precedente. Fermo restando che questo è un nostro parere (magari i futuri singoli saranno dei successoni enormi rispetto a "Downtown"), non possiamo che riflettere su come questa tendenza all'abbandono dei brani puramente "commerciali" stia diventando sempre più comune nell'hip hop degli tempi recenti (proprio in questi giorni ne parlavamo io e Matteo, redattore del sito, e notavamo come avessero rinunciato alle classiche "bombe" artisti come West in "The Life of Pablo", Game in "The Documentary 2 + 2.5" o anche Rick Ross in "Black Market") e che i risultati siano tutto fuorchè disastrosi, con dischi di qualità davvero alta in molti casi. Siamo comunque curiosi di vedere quali saranno i risultati commerciali del lavoro.
In definitiva "The Unruly Mess I've Made" è un disco che consigliamo proprio a tutti. Se non siete degli irridicubili haters dell'hip hop con venature pop (ma in questo caso, con tutta probabilità, non vi interessate più al mercato moderno) apprezzerete sicuramente un lavoro completo e rifinito da ogni punto di vista e che afferma definitivamente la maturità di Macklemore e Lewis.