- Categoria: Eyes On The Game
- Scritto da Gabriele Correnti
''Pizzicato'' dal rap italiano
Maggio, come un po’ di anni a questa parte, è un mese molto caldo per il rap italiano poiché le uscite di dischi e singoli non si contano più sulle dita di una mano, e questa, oltre ad essere una buona cosa è anche un po’ problematica poiché non permette di dedicare l’attenzione dovuta e/o ricercata ad un singolo progetto. E forse è proprio questa superficialità nella quale siamo immersi che non ci permette di vivere le sfumature più importanti della nostra vita, musica compresa. Ma passiamo al dunque. Venerdì scorso è uscito il secondo album ufficiale di Izi, che sappiamo aver bruciato le tappe in modo molto prematuro grazie anche al tanto chiacchierato film che lo ha portato alle luci della ribalta. Come lui stesso aveva ammesso però, “Fenice”, era stato frutto di una fretta e di una pressione insopportabile che si erano creati attorno al suo personaggio, portandolo a realizzare un progetto sicuramente acerbo ma con molti spunti interessanti che facevano ben sperare. Ciò che però è da puntualizzare è che Izi, tra i ragazzi della nuova scuola, è uno di quelli cui ho riposto più fiducia. Le strofe in “Bimbi” e nel “Ritorno delle stelle” mi avevano davvero fatto sperare tanto al riguardo, poiché Diego, questo il suo vero nome, aveva dato dimostrazione delle sue capacità liriche e della sua sensibilità artistica. Sicuramente una spanna sopra da un punto di vista strettamente tecnico, al contrario di altri che per conquistare il mercato hanno intrapreso strade differenti ma comunque proficue, il resto poco importa. Come Noyz dice, questi ragazzi c’hanno un posto perché lo hanno preso, non importa in quale modo.
Questo 2017, quindi, è iniziato con un vagone di aspettative giganti. Questo è (era?) l’anno della consacrazione, dei talenti, dei fenomeni, di.. Di che poi? Cosa ha lasciato il rap in Italia in questa prima metà del 2017? Proprio niente.
Innanzitutto il target di riferimento cui il rap si rivolge è cambiato esponenzialmente, ampliato sena dubbio, ma purtroppo ciò non è un sinonimo di positività. Tutt’altro. In soli cinque mesi sono usciti album di artisti come Fabri Fibra, Bassi Maestro, Coez, Lazza, Laioung, Clementino e chi più ne ha più ne metta. Artisti nuovi e affermati stanno conquistando il mercato a forza di dischi d’oro, di platino e di tutto quello che volete. Ma nella musica contano solo le vendite su iTunes? Conta solo il traguardo o conta anche il viaggio? Fino a qualche anno fa, il rap qui era un taboo. Era un taboo vedere uno sfigato con le cuffie dalla mattina alla sera, era un taboo vedere un adolescente scrivere sul banco di scuola tali atrocità, era un taboo che un ragazzo avesse come idolo un artista che si esprime in modo differente da ciò cui tutti sono abituati, da cui tutti sono dipendenti, che poi è lo specchio di questa società malata in cui viviamo. Questo sentirsi speciali, o quantomeno diversi senza dubbio, questo senso di appartenenza che questa musica ci regalava non poteva avere eguali nei nostri giorni, né una ragazza né un bel voto a scuola poteva esser paragonato il sentirsi solamente unico. Aspettare con ansia ogni nuovo album, ogni nuovo singolo, significava vivere una carica di emozioni incontrollabili che poi saresti stato certo avrebbero fatto parte di te.
Adesso invece? Adesso cosa succede se dovunque mi volto c’è un ragazzino dall’età minima di 11 anni ed una massima di 15 che è un’esatta fotocopia di quello che gli passeggia accanto, entrambi che sbiascicano a parole a caso di una qualche canzone di Ghali? Adesso cosa dovrei pensare della scuola dove il Rap sembrava una parola proveniente da qualche landa desolata dove tutti, e dico tutti, si vestono allo stesso modo, ascoltano le stesse canzoni, citano le stesse frasi e hanno per idolo quel medesimo personaggio? Pensate di esser padroni di questa musica ma siete solo schiavi di un qualcosa che non è musica. Ma la colpa non è solo vostra, che avete marchiato con la vostra etichetta di superficialità questa magia prima incontrollabile, la colpa è anche di chi ha contribuito a creare tutto questo. E non mi venite a dire che ora che il rap è diventato popolare è giusto che diventi anche populista. Non ditemi che abbiamo recuperato gli standard americani, perché se i ragazzini li ascoltano questa musica e perché ce l’hanno nel sangue e quello che fanno lo fanno proprio bene.
Questo senso di cui vi parlavo, quest’importanza che la musica nell’accompagnarci nel nostro percorso di crescita personale dov’è finito? Un album diavolo, doveva minimo durare un anno per esser consumato e vissuto, in senso letterale. Adesso cosa succede? Esce un album ogni due settimane col rischio che tutto quanto vada dimenticato. Raga, Fibra ha fatto un album pesantissimo e il pensiero vostro qual è? Cantare il ritornello di Laioung in “Dipinto di Blu”? Bassi Maestro? Ops, ma di che parliamo, neanche si sa chi sia, cosa sia.. Coez? Eh, ma Coez non fa trap, fanculo. Questo non significa che i nuovi non abbiano talento o non siano validi, anzi, semplicemente sono la metafora di questi tempi così veloci e sfuggevoli e ciò che ne esce è una triste realtà.
Ho visto centinaia di commenti sul nuovo album di Izi, "Pizzicato", che ammetto, aspettavo curiosamente. Ho trovato lodi e complimenti a mai finire, zero critiche, zero discussioni. E di cosa parliamo? Il 90% di questi fan sono dei ragazzini. Ragazzini che non fanno più parte di quella categoria che descrivevo sopra, di quelli che possono esser fieri di essere ciò che sono. Sono futuri uomini che non sanno cosa sia una critica costruttiva, non sanno cosa significhi crescere con la musica, non sanno cosa significa emozionarsi davanti alla possibilità di incontrare un artista che magari ci ha salvato la vita 2-3 volte con i suoi brani. Tutto è tendenza, la foto all’instore serve per i like, non serve per te.
Nel precedente album Izi mi aveva conquistato con un brano in particolare, “Solo”, di cui ovviamente nessuno ha mai parlato, perché quando parliamo di serietà e sentimento chi se ne frega? Ho comunque dato un ascolto a questo nuovo, ed ho trovato tanta ripetitività, concetti magari interessanti sviluppati con una noncuranza quasi imbarazzante. Ed adesso mi chiedo? Perché, viste le evidenti capacità, non lavorarci su meglio, perché non attenzionare il lavoro in modo da dare un lascito a chi ti ascolta, in modo da costruire, per te e per gli altri, una tua figura in tutte le sfumature che è una tua necessità esporre? La mia più grande paura è che gli standard di coscienza e di pensiero siano notevolmente calati di pari passo con la musica nel corso degli anni. Nonostante tutto, Izi rimane una fiamma di speranza in questo buio, perché c’è tempo per crescere e per assimilare quest’album. Ma questa NON è una recensione, è solo una prima impressione che mi ha lasciato così, come l’unica traccia che fino ad adesso mi ha convinto di quest’album. Pizzicato dal rap italiano.