- Categoria: Recensioni
- Scritto da Gianluca
Zampa - Il Richiamo Della Foresta (recensione)
Leggevo qualche giorno fa un’intervista in cui un noto esponente della scena rap italiana si lamentava dell’eccesso di democrazia all’interno della cultura hip hop italiana, descrivendola come un micro mondo in cui chiunque ormai (anche il più scrauso) si sente in diritto di prendere un microfono e “intrattenere” gli ascoltatori. In realtà su questo concetto ho sedimentato ampie convinzioni negli anni (anche se con meno coraggio di Jake La Furia nell’esprimerlo), pur tuttavia non ritenendolo il male peggiore all’interno dell’hip hop italiano. Fondamentalmente ognuno è libero di esprimere come meglio ritiene la propria arta, il problema sta nella non-capacità dell’ascoltatore medio di distinguere la cioccolata dalla merda. Perché altrimenti in Italia si parlerebbe molto più di Ape, di Supa, di Zampa. Proprio su quest’ultimo vorrei soffermarmi, perché da pochissimo ha fatto uscire il suo nuovo album e mi sono preso un po’ di tempo per osservare l’attenzione riservata dal pubblico a questo lavoro e per darvi due dritte in più sull’intero lavoro.
“Il richiamo della foresta” è il sesto lavoro ufficiale di Zampa, che direttamente da Verona City promulga il suo particolarissimo flow in tutta la nazione. Anzitutto, Zampa esprime a pieno la libertà del suo rap, con modalità estranee agli schemi che oggi dominano l’hip hop italiano. La freschezza di questo lavoro risiede soprattutto in questo aspetto, ossia nella capacità di esser riuscito a sottrarsi alla schizofrenia moderna, lasciando così una traccia immortale del suo essere artista (e pezzi come “The Pentagon’s Tales” ne sono la prova). Molto importante è lo spazio che viene lasciato nel disco alle sue origini e al suo passato; è sempre Verona, è sempre l’ “Osteria Lirica” il suo campo di battaglia preferito, il luogo in cui si sente a casa e riesce a portare il suo rap a livelli sempre più importanti. Molto bello inoltre il tentativo di riprendersi il suo spazio in “Cazzi miei”. In questo pezzo è impossibile non citare il grandissimo lavoro fatto sul beat da Jack The Smoker; le tonalità molto Jamiroquai scelte per la base riescono a ricreare quel microcosmo personale adatto a descrivere la situazione in cui si trova il rapper, dipingendo un quadro perfetto del momento.
Per quanto riguarda i featuring, troviamo due fedelissimi come Jap e Capstan (Verona City, bitch!), Louis Dee e il buon vecchio Coliche, Aida e Efeizee. La scelta dei beat trova come protagonisti Flesha (autore della maggior parte delle basi), Paggio, Jack The Smoker, Mekoslesh, Non dire Chaz, e il magico Retraz.
In conclusione, il disco è un sunto della carriera musicale di Zampa, un pregiatissimo lavoro in cui il rapper veronese riesce ad unire il suo lato più intimo e cupo con la sua attitudine più leggera; in Italia, di solito, è difficile trovare artisti così completi. Purtroppo, come spesso succede nel nostro Paese, non si riconosce spesso il giusto valore ad un artista, e Zampa è la prova vivente di questo discorso. La speranza resta sempre quella di vedere in cima alla vetta del successo gente che spacca, gente degna di poter tenere un microfono in mano; non so se succederà mai, ma voglio continuare a sperare..