- Categoria: Eyes On The Game
- Scritto da Klaus Bundy
E' morto Jerry Heller, il funzionario del gangsta rap
Dopo anni passati ad incassare colpi d’infamia a danno della sua reputazione, si è spento in California, all’età di 75 anni, Jerry Heller, conosciuto principalmente nella comunità hip-hop per essere stato – dal 1987 al 1991 - il manager dei temuti e sovversivi Niggaz Wit Attitude, gli N.W.A.
Tanta infamia sul suo personaggio, dicevamo, ma la cosa non ci sorprende: è insito nel destino di molti – specie se usciti dal ring della storia con la testa china – dover affrontare i demoni dell’irriconoscenza, e forse sarebbe questo il momento in cui tutti dovremmo chiedere scusa alla salma ormai fredda dell’anziano procuratore, per avergli ingiustamente attribuito più colpe che meriti.
In realtà, Jerry Heller è stato una figura fondamentale affinché la West Coast potesse vantarsi di avere una propria solida scena (non solo gli N.W.A, ma anche gli Above the Law, B.G. Knocc Out, Dresta), in un’epoca in cui pareva impossibile mettere il bastone tra le ruote allo strapotere di New York e dintorni, che comandava il mercato con Run-DMC, Beastie Boys e LL Cool J, tutti protetti dietro l’egida del marchio Def Jam Recordings di Russell Simmons e Rick Rubin.
Prima che Eazy-E pagasse di tasca propria Alonzo Williams (leader della World Class Wreckin’ Cru, in cui militava anche Dr. Dre) per presentargli Heller e fondare con quest’ultimo la Ruthless Records, l’ambiente di Los Angeles esibiva soltanto sporadiche comete (un nome su tutti: Ice-T) ed era ancora in fase prettamente embrionale, troppo acerbo per pensare di poter competere con i colleghi di cui si faceva vanto la costa opposta.
Heller non fu un angelo mandato dal cielo, né fu un benefattore: era un colletto bianco dell’industria, votato al guadagno economico, che tuttavia riconobbe ed ebbe fiducia nel potenziale di quei cinque ragazzi di Compton, i quali non desideravano altro che poter raccontare la loro storia al mondo e – nel migliore dei casi – smuovere le coscienze della pettinata America borghese; diede loro una chance e li difese con invidiabile coraggio dalla morsa della censura, al punto di attirarsi pure l’antipatia dei piani alti dell’F.B.I., quando l’irriverente “Fuck tha Police” giunse alle orecchie dei giovani di tutto il territorio nazionale.
Prima di Suge Knight, di Lyor Cohen e Damon Dash, questo ebreo nativo di Cleveland contribuì a trasformare un sogno in realtà, dando quindi inizio ad una dinastia la cui concatenazione di eventi successiva ci porta anche necessariamente a ringraziarlo per molto di quanto è arrivato dopo il tramonto dell’impero Ruthless, avvenuto col decesso – nel marzo del ’95, a causa dell’AIDS – di Eazy.
Al di fuori dell’ambiente hip-hop, saranno in tanti a salutare Heller con un cenno della mano: Elton John, i Pink Floyd, gli Who e i Black Sabbath sono infatti soltanto alcuni degli straordinari musicisti per i quali il “funzionario del gangsta rap” fece da procuratore in una vita precedente, raccontata con dovizia di particolari nella controversa autobiografia, datata 2007, dal titolo: “Ruthless: A Memoir”, primo ed unico tentativo di rivelare una storia fondamentale, avvincente, purtroppo distorta liberamente dalla sceneggiatura di “Straight Outta Compton”. Come si dice, la guerra è scritta dai vincitori, mai dai vinti.
Detto questo, non ci assumeremo mai la responsabilità di scagionare Heller dalle sue colpe: se, infatti, non avesse malconsigliato Eazy sulla politica interna da utilizzare per amministrare il planetario successo degli N.W.A, è molto probabile che Dr. Dre, Ice Cube, MC Ren e DJ Yella avrebbero deliziato i fans con tanta altra ottima musica, ma soltanto chi è senza peccato può permettersi di scagliare la fatidica pietra.